Recensione di Carmela Fabbricatore
Nader e Simin sono una coppia di quarantenni in via di separazione. Lei vuole emigrare dal suo Paese, l’Iran, per assicurare a sua figlia undicenne un futuro migliore; lui vuole restare per accudire suo padre anziano e malato d’alzheimer. Quando Simin va via di casa, Nader rimane solo a prendersi cura di suo padre e di sua figlia (che non ha voluto seguire la madre).
L’avvalersi dell’aiuto di una domestica appartenente ad un ceto inferiore, culturalmente influenzato dal fondamentalismo islamico, scatenerà una serie di reazioni a catena che metteranno a dura prova Nader e che, indirettamente, incideranno sulla vita di sua moglie e sua figlia.
Orso d’oro alla scorsa berlinale, Una separazione di Ashgar Farhadi è un film che va molto al di là della semplice narrativa e si fionda nell’attualità, fotografando momenti di vita quotidiana con occhio realistico e concreto. La conflittualità è l’elemento chiave che caratterizza il film fin dal principio, presentandosi di volta in volta sotto diverse forme: c’è disaccordo e ostilità tra Nader e Simin, tra Simin e sua figlia, tra Nader e la badante, tra la badante e suo marito, tra suo marito e Nader, di nuovo. Caparbietà e orgoglio trionfano in tutti i casi.
Le situazioni si avvitano su loro stesse, ognuno è prigioniero delle sue convinzioni e non è disposto a cedere o venire incontro all’altro. Le vicende personali dei singoli protagonisti finiscono poi per mettere in evidenza tutti i problemi e le contraddizioni dell’Iran di oggi. Uno Stato che è accecato dalla teocrazia e dal fondamentalismo, ma che nello stesso tempo subisce l’influenza della cultura occidentale, vista in molti casi come promessa di libertà.
Farhadi riesce ad aggrovigliare la matassa con tanti nodi che non verranno mai al pettine: la mancanza di un finale risolutivo non è altro che lo specchio di ciò che accade nella vita vera (e non in quella sognata di tanti film), in cui i problemi si sovrappongono gli uni agli altri, i conflitti irrisolti si protraggono per anni senza spiragli risolutivi e dove non esistono titoli di coda che pongano fine ad episodi spiacevoli.
Dal punto di vista tecnico, i ritmi concitati del film e l’incalzare degli avvenimenti, creano una suspense inaspettata. Dramma e potenza espressiva dominano incontrastati. Ancora una volta siamo di fronte ad un pathos che riesce a manifestarsi grazie alla semplicità delle inquadrature: in particolare i primi piani riescono a cogliere magistralmente l’intensità dei volti e dei gesti, canalizzata perfettamente da un cast di meritevoli attori.
Coinvolgente, attuale e partecipato, Una separazione è un film educativo, una finestra su una cultura che sembra lontana, ma anche un racconto viscerale, che pone tante domande e che non ha la presunzione di fornire risposte.