“C’è sempre quella cultura della
rendita politica che non porta a dover ascoltare gli altri”
di Gennaro
Palladino
Il mio angioletto mi ha incessantemente raccomandato
"fatti i fatti tuoi chè tanto non ne
vale la pena", ma non potevo sottrarmi ad una discussione che ho
sempre caldeggiato e di cui sono contento che finalmente si sia aperta anche se
solo su questo mezzo.
Non credo di dover dire cose nuove rispetto ad i
miei interventi su questo sito o quanto ho sempre scritto tramite
Losperonenuovo . Tralascio le faccende
interne all’attuale opposizione e mi limito a quelle della maggioranza e quindi
interne al PD. Purtroppo succede che
l’abbaglio delle grandi kermesse (vedi cinema Palladino) portino la gente, a
voler essere buoni, alla convinzione che la nascita di un nuovo soggetto
politico porti ad una maggiore trasparenza nella politica e quindi più
democrazia, più possibilità per esprimere il proprio pensiero, più entusiasmo
nel "parteggiare".
Questo "abbaglio" non porta a considerare
invece le posizioni pubbliche di chi reclamava un chiarimento sul
fallimento di una amministrazione (Mangiacotti), di un progetto politico che (e
qui rispondo alle domande poste da Marino) potesse portare un sangiovannese
oltre il Tuppo, di una idea di
politica intrisa di più partecipazione (non solo quella clientelare in
occasione delle primarie) e più considerazione delle idee dei giovani e di
tutte le altre risorse e sensibilità che inevitabilmente avrebbero concorso.
Naturalmente mi riferisco alla situazione locale
perché non possiamo imputare tutti i mali di questo Paese a Berlusconi quando
abbiamo in loco situazioni di questo genere. Siccome oggi che è preponderante
la mentalità egoistica del proprio io,
subentra nel politico la quasi certezza che il suo impegno consista proprio nel
rappresentare questo modo di pensare poiché, come ho sempre detto, ognuno vuole
l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto.
Avverso
questa mentalità, ci si limita a prendere atto, a non "appoggiare"
quelle voci isolate tacciate di disfattismo che si sono levate in talune
occasioni. E non poteva essere certamente la semplice costituzione di un gruppo
minoritario (diciamo di contrasto) dentro al Partito Democratico, o la speranza
non solo di un cambiamento ma di un maggior peso del proprio pensiero nel cuore
del "neofita" cooptato, oppure di quella di tanti "portatori
d’acqua" disinteressati e impegnati con passione a stravolgere le cose.
Doveva
seguire un incessante lavoro in mezzo alla gente (questo molti esponenti
politici della maggioranza a modo loro e con i sistemi a disposizione lo fanno e
i voti parlano chiaro). Un nuovo gruppo dirigente non nasce perché i
"vecchi" lo vogliono ma perché propone, lavora culturalmente (non
inteso spettacolo e sagre paesane), raccoglie non solo i malcontenti ma le
proposte, le segnalazioni, i bisogni, le sensibilità, i desideri collettivi dei
cittadini; perché si fa largo con le proprie iniziative considerando la
scarsità delle occasioni nel proprio partito.
E
non mi sembra di aver mai sentito parlare di convegni, dibattiti, forum, tavole
rotonde o di quant’altro sui problemi della città per avvicinare gente di buona
volontà e scuotere l’abulia di questa cittadinanza.
C’è
sempre quella cultura della rendita politica che non porta a dover ascoltare
gli altri; quella del proprio orticello che garantisce visibilità e oscura un
pensiero diverso che potrebbe risultare significativo. Non voglio entrare nel
merito della questione sull’avvicendamento in giunta, ma come la
stramaggioranza dei cittadini (anche di quelli dell’opposizione) penso che non
sia per nulla auspicabile la caduta di questa amministrazione e non solo per
calcoli politici, ma ritengo, considerando un mancato rafforzamento politico
del sindaco, che si debba scendere a patti sia per chiudere questa ennesima
telenovela, sia per evitare il peggio perché ad errori non debbono seguire
altri errori.
Non
c’è nulla di nuovo all’orizzonte.
Gennaro Palladino
