LibriAmo a cura di Renata Grifa
Mio nonno era un professore di filosofia.
Quando ero piccolo mi diceva spesso una frase (non so se fosse sua o si trattasse di una citazione, e non ho mai voluto controllare) che ho capito davvero solo quando lui non c’era più da molto tempo. Suonava più o meno così: in ogni attività, in ogni lavoro, è salutare di tanto in tanto mettere un punto interrogativo ad affermazioni che abbiamo sempre dato per scontato.
Gianrico Carofiglio
Presentato a Foggia lo scorso 22 febbraio in occasione del Premio letterario “I fiori blu”, di cui è finalista insieme ad altri cinque scrittori italiani, La misura del tempo segna il ritorno di Guido Guerrieri e della magica e inconfondibile penna di Gianrico Carofiglio.
Lo stesso autore lo ha definito «Un libro sull’identità in relazione al tema del tempo, tema cui nessuno è in grado di decifrare, perché se volessimo fare riferimento ad un pensatore che più di altri si è interessato a questo argomento, Sant’Agostino, egli diceva che “se mi chiedete sai cos’è il tempo?” lui rispondeva “Si certo che lo so” ma “se mi chiedete di spiegarlo non ne sono capace”.
E in realtà non ne è capace nessuno».
Neanche il “tempo” di aprire le pagine che ci ritroviamo immediatamente a tu per tu con quel Guido Guerrieri che avevamo lasciato qualche anno fa, per ritrovarlo nel suo studio, alle sette di sera, invecchiato direbbe qualcuno “ma pare sia l’unico modo per non morire giovani” (ps: non è vecchio è solo molto più affascinante) alle prese con l’ennesimo caso giudiziario, un caso che potremmo dire ordinario, ma che viene reso unico dalla maestria di Carofiglio.
La storia si avvicenda tutta intorno al destino ormai segnato di Iacopo Cardaci, condannato in primo grado per omicidio di uno spacciatore della malfamata periferia barese.
A bussare alla sua porta per tentare il tutto per tutto è la madre del ragazzo, vecchia conoscente di Guido, che non può e non vuole arrendersi a vedere suo figlio dietro le sbarre.
È un caso perso in partenza “Se non fosse colpevole di quell’omicidio, e non riesco a immaginare come sia possibile, sarebbe un tale concorso di circostanze sfortunate da mettere i brividi” ma Guido lo accetta comunque e con esso accetta tutto ciò che quel nome significa.
Inizia così un racconto che viaggia su due binari, quello della procedura giudiziaria e quello dei ricordi, quel nome, “Lorenza, Lorenza”, che torna prepotentemente nella vita dell’Avvocato Guerrieri mettendolo ko come quel vecchio sacco da boxe che si ostina a tenere e non cambiare.
Il passato che torna e porta con sé una di quelle storie che ti cambiano la vita e non te ne rendi conto, se non dopo, a distanza di tempo, di molto tempo.
Carofiglio stupisce senza stupire, nel suo stile impeccabile, preciso e ironico “A quel punto smisi di pensare, che è spesso una buona idea” e riesce ancora una volta a mantenere alta l’attenzione del lettore senza mai accontentarlo del tutto, scrivendo di verità a volte scomode, senza mai indorare la pillola, restituendo così la sensazione che si stia leggendo qualcosa di autentico.
La capacità di narrare quel tempo che è passato, quel passato che era una terra straniera e che diventa qui nostalgia e riflessione.
Proposto dal giurista Sabino Cassese, che ha detto di queste pagine che “Dietro l’apparenza del giallo si celano insegnamenti profondi: la pluralità dei punti di vista; i diversi modi in cui si presenta la realtà; l’invito a dubitare della verità stessa. Due citazioni, una dal capolavoro di Kurosawa e una di Canetti, in pagine diverse, confermano queste conclusioni. Carofiglio si conferma come una delle voci più importanti della letteratura italiana” , La Misura del tempo è tra i candidati al Premio Strega 2020.
E lasciandoci rapire da questa storia non è difficile capirne il perché.
In bocca al lupo Avv. Guerrieri!