CHE RABBIA!
A cura della dottoressa Valentina Turco
Psicologa clinica e psicomotricista in formazione
Quando sei arrabbiato e ti vuoi calmare,
fai un bel respiro,
fino a 4 puoi contare…
UNO, DUE, TRE E QUATTRO!
Daniel Tiger – serie animata
In un fantastico cartone animato chiamato Daniel Tiger, un simpatico tigrotto utilizza questa filastrocca come strategia per placare la sensazione della rabbia, una delle emozioni più difficili da comprendere, da spiegare e anche da gestire.
La rabbia è una delle emozioni primarie, innata e universale, una sensazione primitiva radicata nei fondamentali meccanismi della sopravvivenza del genere umano e rappresenta la tipica reazione di rifiuto per lo sforzo causato da un disagio emotivo o una tensione.
L’esordio di questo sentimento è determinato dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci troviamo, dal rispondere a un torto subito, dalla percezione di una ingiustizia oppure di una violazione dei propri diritti.
Nel bambino l’espressione della rabbia, seppur a volte può generare paura e sconcerto nell’adulto, rappresenta un grande potenziale, un’energia che, se ben indirizzata, lo aiuterà a crescere forte e sereno.
Il bambino può trovarsi in questa situazione emotiva al brusco interrompersi di un evento piacevole oppure quando si sente aggredito e avverte un senso di impotenza. Tra le cause principali ritroviamo la frustrazione, la stanchezza e la fame, ma i bimbi si arrabbiano anche quando vogliono attirare l’attenzione o evitare di fare qualcosa. Lo sfogo e il contenimento della rabbia per il bambino sono passaggi evolutivi salienti che pongono le basi del suo equilibrio futuro. È utile fare un’importante distinzione tra rabbia e aggressività, la prima rappresenta una sensazione, la seconda invece è un comportamento influenzato dall’esperienza. L’aggressività compare fra i 18 e i 24 mesi e può essere il primo modo attraverso cui il bambino impara a reagire quando prova la sensazione di rabbia. L’aggressività è la risposta che si scatena istintivamente, questo non significa però che sia l’unica reazione alla rabbia.
Generalmente possiamo distinguere tre situazioni differenti a seconda che il bambino indirizzi la rabbia verso se stesso gli altri o il mondo.
Il bambino la cui rabbia è rivolta verso il mondo, solitamente si scaglia contro oggetti e cose che può arrivare anche a distruggere, attribuendo al mondo la causa del suo malessere e quindi della rabbia. In altri casi il bambino rivolge la sua rabbia verso gli altri in modo selettivo, scegliendo come oggetti privilegiati delle sue manifestazioni genitori, parenti, fratelli, insegnanti oppure compagni. Alcuni bambini si sono abituati a controllare la rabbia così bene da non esternarla in manifestazioni visibili ma sviluppando sintomi fisici, comportamenti ossessivi e compulsivi, manifestazioni autolesionistiche che indirizzano la rabbia trattenuta o frenata verso se stessi (picchiarsi la testa, mordersi fino a procurarsi ferite, infliggersi tagli). In altri casi si rischia che il fisico rimanga attivato a lungo, producendo una forte tensione muscolare e portando a diverse conseguenze come: difficoltà a dormire, problemi alla pelle (acne, psoriasi), mal di testa, nausea.
Di fronte ad un bambino arrabbiato le reazioni emotive e comportamentali dei genitori possono fare la differenza.
Ricordiamo che i genitori hanno sempre un proprio modello e valori di riferimento circa la rabbia e la frustrazione provata, generati da un’esperienza passata, per questo motivo è importante imparare a conoscere quali sono solitamente le proprie reazioni alla rabbia e scegliere consapevolmente di sperimentare anche altri comportamenti se quelli abituali non funzionano. A volte può capitare che il genitore rimane paralizzato e impotente di fronte alle manifestazioni rabbiose del figlio, oppure cerca di farlo ragionare o calmare. In altri casi ancora si oppone fermamente al comportamento del figlio perdendo il controllo e aggiungendo anche la sua rabbia. È molto importante tenere presente sempre che le manifestazioni di rabbia sono generatrici di ulteriore rabbia se non trovano modi funzionali di sciogliere la tensione e incanalare l’energia generata dall’emozione. In molti casi i bambini manifestano urla e capricci e il genitore si sente preoccupato rispetto al giudizio che può essere attribuito alle sue capacità genitoriali per cui, l’obiettivo primario diventa quello di far cambiare al figlio tale atteggiamento a ogni costo, con promesse, suppliche o richieste che il bambino puntualmente rifiuta, poiché sente di avere una predominanza sul genitore. Si può passare così allo scontro vero e proprio con un’escalation di urla che rafforzano la reazione oppositiva del bambino e che possono far perdere il controllo al genitore il quale, in alcune situazioni, può arrivare anche allo scontro fisico.
È possibile uscire da queste trappole generate dalla rabbia se si entra nell’ottica di comprendere che la rabbia non va bloccata o eliminata e che i genitori possono aiutare il figlio a gestirla senza paura poiché la rabbia è un’emozione che si può provare in differenti occasioni e non può essere classificata rigidamente come giusta o sbagliata sia per il bambino sia per il genitore.
L’attenzione invece deve essere rivolta sugli effetti dei comportamenti in reazione alla rabbia che talvolta possono essere dannosi per il bambino e per gli altri. Tra le strategie di intervento più funzionali ricordiamo quella di evitare di aggiungere alla rabbia del bambino quella del genitore che nei momenti critici può essere molto adirato. Si può provare a parlare al bambino con un tono e un volume di voce medio basso, con un ritmo lento, questo potrebbe ottenere un duplice effetto: calmare se stesso e calmare il figlio. Inoltre, un’altra strategia di intervento può essere quella di dichiarare cosa sta per accadere al bambino e che sta per alterarsi, in modo da controllare e rallentare la propria azione irruenta e consentire anche al bambino di allertarsi e decidere di scegliere un’alternativa migliore al comportamento impulsivo.
Da un punto di vista comunicativo è bene che i genitori non blocchino la rabbia del bambino dicendogli che non si deve arrabbiare, ma è importante concentrarsi sul modo di dare sfogo alla rabbia e trasformare questa energia in una risorsa di grande potenziale, facendola defluire e canalizzandola.
Alcune modalità che si possono adottare per esprimere in modo funzionale e controllabile la rabbia possono essere ad esempio scrivere lettere o diari o per bambini più piccoli disegnare la rabbia oppure scegliere uno spazio in cui il bambino può dare libero sfogo a questa sensazione, assegnando un tempo e un modo per consentire al bambino di sprigionare la forza di questa emozione e imparare, nel frattempo, a dominarla. Ricordiamo che queste strategie innescano un processo liberatorio nella persona senza pagare conseguenze di una reazione impulsiva o aggressiva e insegnando indirettamente che la rabbia fa parte di noi e può essere gestita. Infine, a tal proposito ricordiamo che è importante dare anche una scarica fisica a questa energia, quindi l’esercizio e l’attività sportiva possono essere molto utili per favorire il benessere generale psicofisico del bambino.
Ricordiamoci sempre di spiegare la rabbia ai bambini perché possono essere spaventati da questa forza pervasiva diversa dal solito, descriviamo insieme a loro questa emozione anche attraverso immagini e metafore.
È importante spiegare al bambino che anche le persone adulte, che sono i suoi punti di riferimento, si arrabbiano per cui arrabbiarsi è normale ed è giusto provare questa emozione. Quello che invece potrebbe non essere corretto è la sua modalità di espressione, con comportamenti di aggressivi oppure impulsivi e distruttivi perciò risulta importantissimo trasmettere delle strategie funzionali per poter esprimere e incanalare questa energia.
Nel caso in cui fossimo in difficoltà nel gestire la rabbia dei nostri bambini rivolgiamoci con fiducia a uno specialista che sicuramente potrà aiutarci a capire quali altre strategie utilizzare per aiutare efficacemente i nostri bambini.